Un'inchiesta in 7 puntate
3ª parte
La crisi del 2008 e quello scherzo statistico
che rese “nemici” Stati e imprese
Gli accordi di Basilea (2007) sanciscono un nuovo modello economico-statistico mondiale in grado di calcolare l’imprevedibile; e, grazie a nuovi requisiti patrimoniali, di mettere al riparo banche (e governi) da eventuali collassi di sistema. Ma, per un errore di ingredienti, qualcosa non ha funzionato…
Se, in economia, esiste un rischio sistematico (che fa collassare, cioè, l’intero sistema), allora sarà possibile analizzare, linea per linea, un numero sufficientemente grande di piccoli prestiti e prevederne le perdite. Per analogia, si pensi all’osservazione di centinaia di branchi di zebre che attraversano un fiume; ad un certo punto, saremo in grado di calcolare l’esatta percentuale dei singoli esemplari che saranno sbranati dai coccodrilli ad ogni attraversamento (rischio prevedibile). Tuttavia, se ci fosse una piena, e il branco attraversasse il fiume in quel momento, tutti gli esemplari morirebbero in una sola volta (rischio sistematico). Ecco, a cosa corrisponde, in economia, il fiume in piena cui nessuno può sottrarsi?

A cavallo del nuovo millennio, Michael B. Gordy, capo economista della Fed, insieme ad alcuni ricercatori, assegna il ruolo di rischio sistematico alla crisi economica. Decreta, così, che un portafoglio di prestiti beneficia della proprietà d’invarianza: un prestito a una certa impresa ha un rischio tutto suo, che si esprime con un rating individuale, autonomo dagli altri prestiti della stessa banca. E una massa di prestiti simili riporta, dunque, perdite prevedibili che, come per un branco di zebre al guado, si manifestano intorno a una perdita media osservata su dati storici.

La pubblicazione conclude con un postulato importante: dati alla mano, l’accantonamento di una percentuale fissa a copertura delle perdite è una misura obsoleta. La perdita che osserviamo in un portafoglio si compone di una perdita media, prevedibile in base ai rating, e di una perdita rara ed eccezionale, che si manifesta colpendo di rado l’intero portafoglio. Il tasso d’interesse caricato su ogni prestito dovrà dunque essere calibrato in mondo che il rendimento medio di un portafoglio copra le perdite attese ogni anno. Detto altrimenti: se 1.000 mutui immobiliari generano in media perdite del 2% annuo, allora il tasso medio di questo portafoglio dovrà rendere almeno la medesima percentuale. Resta l’elemento imprevedibile. Per questo, sempre secondo l’economista della Fed, ogni banca dovrà mantenere fondi sufficienti per coprire le perdite rare e importanti che colpiscono l’economia nella forma di rischio sistematico.

Ma quanto è rara una crisi economica capace di stravolgere imprese e mercati? Se il costrutto matematico è corretto, allora una semplice distribuzione di probabilità permetterà di stabilire quanto frequenti e ampie saranno le perdite imprevedibili.

Gli accordi siglati a Basilea nel 2004 recepirono questa e altre ricerche, traducendo formule matematiche in requisiti patrimoniali. I parametri dei modelli ambivano a incrementare la solidità delle banche fino a renderle capaci di affrontare crisi talmente rare e violente da manifestarsi una sola volta ogni 1.000 anni. Gli accordi entrarono in vigore tre anni dopo, nel 2007. Un anno dopo, l’economia mondiale fu investita dalla più grande crisi nella storia dell’umanità. E colse la quasi totalità degli attori economici impreparati (continua…).
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