Un'inchiesta in 7 puntate

1ª parte

Così un algoritmo iniziò a stabilire
le rate della nostra nuova lavatrice
Dagli anni ‘90, tecnologia e statistica consentono alle banche di Wall Street di rimuovere l’uomo dal centro delle decisioni, per affidarle alle macchine. Il nuovo modello si estende, in pochi anni, in tutto il mondo, a ogni attività in cui le persone chiedono soldi in prestito
A inizio ottobre 2002, la Federal Reserve (Fed) pubblica uno studio a firma di un ricercatore destinato a diventarne il capo economista, Michael B. Gordy. Il titolo impiega termini tanto sofisticati quanto ambiziosi: A Risk-Factor Model Foundation for Ratings-Based Bank Capital Rules (La fondazione di un modello di rischio per regole di capitalizzazione bancaria basate sui rating). Queste parole (per certi versi astruse) segnano uno spartiacque nell’economia globale. Il contenuto dello studio, assimilato in regolamenti con forza di legge, ha marcato la nostra vita quotidiana più di quanto immaginiamo. Per comprendere la portata della pubblicazione, solo apparentemente riservata agli addetti ai lavori, serve un passo indietro.

Negli anni ‘90, i progressi tecnologici e l’accesso a dati economici su scala globale permettono alle grandi banche di Wall Street, aiutate dalle principali società di consulenza, di elaborare modelli decisionali su base statistica. Si tratta, in sostanza, di formule o, per meglio dire, algoritmi, che consentono di analizzare i rischi di credito in modo innovativo. È più di un nuovo approccio: è una piccola rivoluzione copernicana che sposta l’uomo dal centro decisionale dell’attività bancaria e vi colloca i processori. Non ci si affida più al fiuto di un operatore borsistico o alla relazione che un banchiere ha costruito in decenni con l’amministratore di un’industria: la decisione sul rischio poggia su macchine ad alta potenza di calcolo e su un volume di dati senza precedenti nella storia.

L’idea si fonda su un principio cardine della statistica: se raggruppiamo migliaia di situazioni simili, tale gruppo sarà caratterizzato da almeno due valori osservabili e, dunque, prevedibili: un comportamento medio e un discostamento da tale media, nell’arco di un certo periodo. Concretamente: se raggruppiamo 30.000 mutui in un unico portafoglio, in base a dati storici e calcoli statistici, sarà possibile stimare le perdite attese a cinque anni e le perdite superiori a quelle attese. Questo approccio non si ferma ai soli mutui immobiliari, ma si applica anche, ad esempio, a un paniere di azioni, a prestiti auto, elettrodomestici acquistati a rate o una transazione in valuta estera. Insomma, a tutte le attività in cui una persona può fare ricorso al credito o esporsi alla volatilità dei mercati.

In matematica si parla di media ponderata e varianza. Questi due termini, in un autunno di 20 anni fa, diventeranno le chiavi per aprire, all’economia, il regno della statistica. (Continua...)
Made on
Tilda