Michael B. Gordy, futuro capo economista della Federal Reserve (Fed), nel 2002 raccoglie le esperienze innovative di grandi banche e consulenti internazionali. Compone eleganti formule e riesce a formalizzare in un metodo statistico i nuovi modelli decisionali che regolano l’attività bancaria nei primi anni 2000.
Fino ad allora, i grandi supervisori del mondo bancario e assicurativo erano rimasti a guardare. A prescindere da qualsiasi nuovo modello uscisse dall’ufficio rischi, ogni banca sulla faccia della terra continuava a obbedire a un’unica e semplice regola: ogni 100 euro prestati, 8 vanno accantonati a copertura delle eventuali perdite future.
La pubblicazione di Gordy su carta intestata della Fed stravolge questo principio. Dimostran che non tutti i rischi si comportano allo stesso modo: a 100 euro prestati, per esempio, a volte, corrispondono 8 euro di perdita, altre 4, altre ancora 18. L’assioma di fondo è che spetta alla statistica il compito di stabilire quanto sia rischioso il credito a una PMI, il prestito auto, il mutuo immobiliare e via dicendo. “Su quale base?”, si chiedono centinaia di addetti ai lavori che fotocopiano la pubblicazione, dopo averla adocchiata sulla scrivania del vicino. Gordy risponde lapidario: “Sulla base dei dati storici che alcune società esterne hanno saputo sintetizzare in semplici giudizi di merito”.
Queste società sono le (allora poco) note agenzie di rating, cui è concesso il diritto di assegnare un codice di rischiosità a ogni transazione bancaria. E se a ogni codice corrisponde una certa probabilità di perdita su base storica, basterà incasellare ogni prestito nella sua categoria di rischio, affinché i modelli statistici restituiscano il trattamento prudenziale dovuto su ogni operazione. Quindi, 100 euro di credito a una PMI, richiederanno 20 euro di accantonamenti; gli stessi, prestati a una multinazionale, richiederanno alcuni centesimi.
Perché questo meccanismo funzioni su larga scala, è necessario che ogni rischio sia valutato in autonomia, cioè che il rating assegnato a un mutuo immobiliare sia indipendente dagli altri mutui concessi dallo stesso istituto di credito. La statistica chiama questo fenomeno invarianza e per realizzarla pone due condizioni: che ogni prestito rappresenti una parte minima dell’importo totale di un portafoglio omogeneo e che su ogni portafoglio omogeneo gravi un solo rischio sistematico.
Il fenomeno è osservabile in natura. Nelle grandi migrazioni della savana, presto o tardi un branco di zebre dovrà attraversare un fiume infestato da coccodrilli affamati. Il branco dovrà affrontare il rischio per assicurare la sopravvivenza del gruppo. Se ogni zebra attraversasse il fiume per conto proprio, tutti i membri del branco finirebbero sbranati. Affrontando il rischio in branco, invece, ognuna rappresenterebbe un piccolo elemento di un insieme uniforme; e se anche i coccodrilli catturassero qualche preda, i documentari in tv ci mostrerebbero che la stragrande maggioranza del gruppo avrebbe raggiunto incolume la sponda opposta.
Ora, se ci appostassimo sulle rive e osservassimo gli attraversamenti di centinaia di branchi, potremmo stabilire con ragionevole certezza quale percentuale cadrebbe preda dei coccodrilli alla prossima traversata. In questo sistema, composto da una savana attraversata da un grande fiume, esiste tuttavia un rischio generale, un rischio sistematico. Se in un giorno di primavera, dopo abbondanti temporali, un branco attraversasse il fiume durante una piena eccezionale, tutte le zebre finirebbero annegate.
Quest’ultimo rischio, al contrario del precedente, è raro. Tuttavia, travolge tutto il branco, a prescindere dal comportamento di ogni singola zebra e dall’appetito dei predatori.
Ecco, chiedersi: “Quanto può essere rara la piena di un fiume nella savana” equivale, fuor di metafora, e tornando all’economia dei giorni nostri, a chiedersi: “Con quale frequenza si manifesta una crisi economica che travolge ogni impresa, a prescindere dalla buona o cattiva gestione?” (continua)